Poche settimane fa la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul caso di un lavoratore che si è infortunato mentre compiva un’attività che aveva già svolto altre volte, ma che in quella situazione non era di sua competenza. Il giudice penale aveva condannato l’amministratore delegato per la mancata osservanza della normativa sulla sicurezza.
La Cassazione, invece, ha rovesciato la sentenza richiamando diversi princìpi.

1. Un conto è l’approntamento delle misure di cautela antinfortunistiche e un conto è la vigilanza sulla concreta attuazione delle stesse.
2. Il datore di lavoro, specie se l’azienda è di ampie dimensioni, non può essere solo per tale carica rivestita, automaticamente ritenuto penalmente responsabile di ogni violazione degli obblighi antinfortunistici se ha specificamente investito dei preposti. Non si può pretendere che il datore di lavoro sia sempre presente in luogo, soprattutto se l’azienda è grande.
3. Se previsti dall’organizzazione aziendale, sono i preposti le persone tecnicamente idonee e capaci, avendone volontariamente accettato l’incombenza, a vigilare sull’attuazione delle misure antinfortunistiche. E questo indipendentemente dal conferimento di una delega ad hoc.
Questo significa che, soprattutto nelle aziende con organizzazione complessa e un discreto numero di lavoratori, il datore di lavoro ha tutto l’interesse a individuare (e formare!) dei preposti.
Ma la sentenza della Corte va anche oltre. Infatti, l’episodio dell’infortunio in questione riguarda un lavoratore che scivola da una scala utilizzata male. Ma, dice la Corte, la caduta è stata accidentale e non favorita dal fatto che la scala anziché essere aperta a forbice era appoggiata al muro. E, quindi, non si può nemmeno imputare una condotta omissiva al datore di lavoro.