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L’utilizzo corretto delle attrezzature di lavoro è al centro di una recente sentenza della Corte di Cassazione.

Un operaio di una cooperativa in appalto si procura gravi lesioni a seguito di uno scontro tra carrelli elevatori in un magazzino di movimentazione merci.

Dai sopralluoghi effettuati successivamente viene fuori una situazione parecchio irregolare: la manutenzione dei mezzi non è adeguata, le gomme usurate (tanto da avere una pedana più bassa rispetto alle condizioni di sicurezza del mezzo) e gli addetti guidano i “muletti” ad elevata velocità e pure senza rispettare le traiettorie di percorso e i percorsi pedonali. Un vero e proprio “circo”, così lo definisce un teste.

Vengono condannate due persone. La prima è il datore di lavoro della ditta appaltante: la Cassazione precisa che non c’è estraneità del committente  rispetto alle modalità con cui si svolge un’attività appaltata e le sue omissioni circa la manutenzione dei mezzi e l’operato dei lavoratori sono elementi di colpa. Del resto, è lui a promuovere la cooperazione e il coordinamento elaborando il DUVRI e a indicare le misure adottate per eliminare o ridurre i rischi da interferenze.  L’altra persona condannata è il preposto della ditta appaltante. Lui si difende spiegando che il giorno dell’infortunio è addirittura assente, ma la Corte gli contesta il mancato rilevamento  delle carenze esistenti (che sono una prassi in quella realtà, non una situazione occasionale).

La Corte sottolinea come ai fini dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi ai contratti di appalto occorre aver riguardo  non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro, ma all’effetto che tale rapporto origina, ossia alla concreta interferenza che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori.

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