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In una sua recente pronuncia, la Corte di Cassazione definisce meglio il ruolo e le responsabilità – anche penali – della figura di RSPP (Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione), che gestisce e coordina le attività di servizio di prevenzione e protezione dei rischi.


La sentenza 11492 del 2013 precisa che un RSPP “è privo di capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale, spettandogli solo di prestare ausilio al datore di lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nella elaborazione delle procedure di sicurezza nonchè di Informazione e formazione dei lavoratori”. Questo significa che il datore di lavoro “è e rimane il titolare della posizione di garanzia nella materia, poiché l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione fa pur sempre capo a lui”. Tuttavia, un RSPP “che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio, può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione”.

Ne deriva che un RSPP che agisca con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline o che abbia dato un suggerimento sbagliato o che abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio inducendo il datore di lavoro a non adottare una doverosa procedura di sicurezza o, infine, non abbia informato e formato i lavoratori , risponderà anche penalmente insieme al datore di lavoro – o addirittura in via esclusiva – di un evento dannoso derivato da quel comportamento negligente, imprudente o omissivo.

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