Una delle domande che ci vengono poste più frequentemente dai nostri clienti riguarda la gestione dei collaboratori familiari. Spesso, infatti, succede che il lavoro coinvolga il coniuge o il figlio o il genitore (magari in pensione) che presta la propria opera in modo occasionale soltanto per il vincolo affettivo e senza essere retribuito.
Come comportarsi in simili casi?

Una recente circolare ministeriale ci viene in aiuto.
Pensionati, parenti e affini dell’imprenditore verranno considerati “presuntivamente” alla stregua di collaboratori occasionali a titolo gratuito, liberi quindi dall’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa di competenza (per gli imprenditori artigiani iscritti ai relativi albi provinciali è comunque necessaria l’iscrizione all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ex DPR 1124/1965). Lo stesso può dirsi per il familiare impiegato a tempo pieno presso un altro datore di lavoro, perché si considera residuale e limitato il tempo a disposizione per espletare altre attività presso l’azienda del familiare. Dunque, se l’azienda riceve la visita di un ispettore, spetterà all’ispettore stesso dimostrare che si tratta di una prestazione lavorativa in senso stretto.
A questo punto resta da chiedersi quale siano i criteri per stabilire il carattere occasionale della prestazione lavorativa.
C’è un elemento soggettivo: parenti entro il terzo grado (per le attività agricole: parenti e affini entro il quarto grado).
C’è un elemento temporale: un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore a 90 giorni (o 720 ore nel corso dell’anno solare).
C’è un elemento intrinseco: la collaborazione deve avere un carattere di aiuto, a titolo di obbligazione morale, senza corresponsione alcuna di compensi.
C’è, infine, un elemento oggettivo: non sistematicità e stabilità dei compiti espletati.